lunedì 21 luglio 2008

Snorri Sturluson - Edda


Ho approcciato questo testo di mitologia nordica dopo una rapida lettura di un volumetto della collana Atlanti di Mitologia riguardante appunto i "Miti del Nord".
L'interesse motore di queste letture si snoda su vari piani, il primo fra tutti quello di ricerca letteraria, ma anche quello della necessità di un'ispirazione mirata e, non ultimo, di curiosità personale.

Ciò che mi sono trovata di fronte non corrispondeva assolutamente alle aspettative. Siamo abituati a immagini epiche e grandiose quando si fa riferimento alla mitologia scandinava, forse condizionati dal modo di vedere altri miti, come quelli greci, dove le divinità, seppur coi loro difetti, sono indubbiamente eleganti e trasudanti fascino.
Le divinità nordiche sono tutt'altro che permeate da un alone di bellezza divina, tanto da risultare, in più di un'occasione, alquanto ridicole.
Gesta epiche sono narrate con una semplicità disarmante, arricchite di particolari a volte insignificanti, altre volte addirittura contrastanti con il contesto in cui si trovano.
Non posso nascondere una certa delusione durante l'approccio iniziale, delusione che però ha lasciato il posto a una curiosità sempre maggiore.
Ho sentito difatti questo mondo molto distante, molto diverso dal mio modo di vivere la mitologia, e per questo ritengo possa nascondere un fascino che non mi si è ancora palesato, ma che non escludo possa risultare fonte di stupore e di una conoscenza con cui finora non sono entrata in contatto.

Un aspetto di cui invece ero già a conoscenza è il concetto di destino, di predestinazione. E' sconcertante, per una cultura abituata alla concezione di un destino costruito giorno per giorno, in dipendenza esclusiva della propria volontà, trovarsi di fronte a un tale fatalismo, a una rassegnazione da cui neanche gli dei possono sottrarsi.
Ma è una rassegnazione che non comporta prostrazione, perché ogni cosa è vissuta in un ciclo senza fine, dove ciò che muore rinasce. Anzi, vita e morte sono condizioni contemporanee, perché ciò che rinascerà è come se fosse già vivo, e ciò che morirà può essere considerato già morto.

L'assenza di una precisa linea cronologica è un altro aspetto che mi ha spiazzata e incuriosita. Alcuni avvenimenti narrati in successione sembrano non possedere una precisa collocazione temporale all'interno dei miti, come se tutto accadesse in una realtà senza tempo, senza un prima e un dopo, come se l'unico elemento importante fosse la sua realizzazione.

Affrontare una mitologia siffatta mi sta costringendo a demolire luoghi comuni e aspettative letterarie, ovvero gli stessi vincoli che importo anche in ciò che scrivo. Se durante questa ricerca mi renderò conto di aver imboccato la strada sbagliata per quanto concerne il materiale da cui volevo attingere, potrò comunque ricevere il beneficio di saper affrontare gli argomenti con meno schemi mentali e forse la capacità di interpretare visioni della realtà diverse dalla mia.

lunedì 14 luglio 2008

Henri Brunel - Il metodo del gatto


Sei mesi per terminare un libretto di neanche 150 pagine possono sembrare un'infinità, ma ci sono libri, apparentemente leggeri e disinvolti, che richiedono di essere affrontati a piccoli passi, assaporandoli lentamente per poter assimilare al meglio il loro contenuto.
L'autore di questo volumetto è un insegnante di yoga amante dei gatti, che ha saputo trovare la via di spiegare il rilassamento attraverso l'osservazione attenta e ammirata di queste creature.
Non si tratta di un libro sui gatti, ma di un libro che fa del gatto un termine di misura e di confronto, uno specchio in cui rifletterci e riflettere su noi stessi.
E' incredibile come tante volte ci ritroviamo a constatare di come le affermazioni più banali possano comunque presentarsi come delle rivelazioni. Ma proprio la semplicità di talune esternazioni ci lascia disarmati nel momento in cui comprendiamo come tali verità siano sempre esistite dentro di noi, ma non siamo mai stati in grado di focalizzarle.
E come se vi fosse una sorta di ritmo morbido e naturale nell'irregolarità con cui ho aperto e sfogliato questo libro, è stato ancora più stupefacente constatare di volta in volta alle risposte di cui necessitavo. Ma ancor di più, lo straordinario parallelismo con ciò che stavo vivendo.
La prima parte "A tu per tu con il quotidiano" mi ha accompagnata mentre mi trovavo ad affrontare le piccole grandi difficoltà di ogni giorno, dall'esame universitario alla telefonata irritante.
Ma ecco, quando le necessità del mio io sono mutato, quando le domande sono traslate su un piano differente, la seconda parte, "Il viaggio interiore", che ha posto gli accenti sugli ultimi strascichi di un percorso difficile ma estremamente gratificante.
E' indubbio come riflettiamo le nostre esperienze e il nostro sentire in ogni cosa che viviamo, ma suppongo sia un pregio di ciò che ci viene offerto l'avere la capacità di fungere da specchio per noi stessi.
Un libro che ci permette di focalizzare meglio ciò che sentiamo è comunque un buon libro, indipendentemente dall'utilità pratica del suo contenuto.
Se poi siete degli amanti dello yoga e degli esercizi di rilassamento, troverete sicuramente degli ottimo spunti.
Io ne ho tratto l'ispirazione per scrivere, seppur poche pagine, nate però con spontaneità e desiderio di comunicare le mie emozioni. La serenità e l'ironia con cui Brunel ha voluto comunicare le proprie mi ha permesso di sorridere delle mie paranoie e delle mie paure.
Forse, fra i tanti tipi di rilassamento, quello della scrittura è il più sottinteso ma allo stesso tempo più esplicito fra quelli indicati dall'autore.