lunedì 1 novembre 2010

Ester Manzini - L'abbraccio delle ombre

Ci risiamo. Abbiamo un autore (un'autrice in questo caso) alle prime armi, tanta buona volontà, la sensazione di aver tirato fuori qualcosa di nuovo dal cassetto, accenni di un'originalità che soffocano dopo poche righe sommersi da cliché che, a quanto pare, è impossibile spazzare via dal fantasy.
Abbiamo degli elfi (evviva...), elfi rinnegati per la precisione (wow...), che giustamente, vivendo sottoterra, hanno l'aspetto di essere albini (questo almeno ha un senso logico). Ma se ci siamo presi la briga di ridisegnare gli elfi del sottosuolo in una chiave diversa, perché mai andare a ripescare la società matriarcale in perfetto stile drow? Perché sprecare così questo piccolo sprazzo di novità?
E la situazione non cambia proseguendo nella lettura di un romanzo che ha continuamente la pretesa di ribaltare le tematiche classiche del fantasy, non solo non riuscendo a svincolarsene, ma accentuandole come in quasi tutti i romanzi che mi sono capitati tra le mani negli ultimi mesi.
Anche i protagonisti, antieroi dalla fedina penale macchiata, alla fine non si discostano dai mascalzoni intelligenti e simpatici a cui siamo ormai abituati da tempo. Come sa di già visto l'intreccio fra due fratelli che non sanno l'uno dell'esistenza dell'altro ma che il destino (sempre lui, questo guastafeste!) porrà sullo stesso percorso.
E allo stesso modo abbiamo per antagonista il solito cattivone folle e senza scrupoli che gode solamente della disgrazia altrui e cammina nel mondo solo per smania di potere e sofferenza. Non si pretendono personaggi dal profilo psicologico complesso, ma quanto meno mossi da interessi personali quali l'egoismo o l'arrivismo.
E poco conta se il romanzo è scritto in italiano corretto: lo stile è scorrevole ma non a sufficienza da rendere la narrazione fluida e piacevole, così come lo "show don't tell" piange sconsolato nell'angolo impolverato della qualità narrativa.
Ma al di là di tutto c'è una cosa che mi manca profondamente leggendo questa serie di romanzi fantasy: il sense of wonder. Non si viene colti di sorpresa da nessun colpo di scena, gli avvenimenti sono telefonati e una pagina dopo l'altra si arranca apaticamente attraverso una storia che non coinvolge e non cattura nel mondo (poco) fantastico in cui si snoda. E' un vero peccato, perché il fantasy (soprattutto quello italiano) sta perdendo una schiera di affamati lettori che si stanno rassegnando a mangiare le lasagne invece della torta. Non che le lasagne non siano buone, ma noi avevamo voglia di torta...