giovedì 10 gennaio 2008

Il sogno originario

Il mercato era affollato, la bella giornata di sole invitava a uscire di casa e a bighellonare tra i banchi sovraccarichi di abiti multicolori. C’erano talmente tante cose da osservare, da percepire, che la mente poteva perdersi e confondersi, godendo dell’indefinitezza dei particolari, piacevoli quanto insignificanti. Le suonerie dei cellulari si facevano strada tra il vociare, come tentando di dare un ritmo al rumore assordante e continuo.

Andrea borbottò stizzito contro tutta quella folla e contro la sua sbadataggine, per aver dimenticato che giorno fosse. La fiera era attesa da tutta la città con trepidazione, ma lui non amava la confusione, tanto meno doversi fare strada a forza in quel fiume di individui dal moto disordinato. Si chiedeva per quale strano scherzo della statistica si trovasse davanti sempre persone che si bloccavano all’improvviso, sbarrandogli la strada e costringendolo a deviare continuamente dal suo percorso.

Finalmente, dopo aver scartato un’anziana signora, deliziata dai centrini a uncinetto esposti nell’ultimo banchetto, tornò a respirare liberamente. L’aria era calda, ma comunque sempre più gradevole della scarsa ventilazione a cui era stato costretto.

Cercò velocemente l’ombra di un vicolo, imprigionata dagli alti palazzi che lo delimitavano. Si alzò gli occhiali da sole sulla testa e sorrise soddisfatto. Era comunque una giornata da festeggiare, perché finalmente avrebbe ricevuto la ricompensa per tutti i suoi sforzi.


Il vicolo terminava in una via più larga, ma Andrea si fermò poco prima e sostò pensieroso di fronte a una piccola porta di legno. Bussò, prima titubante, poi con decisione. Improvvisamente fu assalito dal dubbio di essersi completamente sbagliato, di aver inseguito un sogno talmente assurdo da non potersi realizzare in alcun modo. Eppure nelle parole del signor Ghizelli non c’era la possibilità di fraintendimento: era stato chiaro, preciso, senza nessun doppio senso. Ma sembrava ancora così impossibile...

Quando il signor Ghizelli gli aprì finalmente la porta, l’ansia lasciò il posto all’eccitazione. L’anziano uomo gli sorrise lievemente e gli occhi di Andrea brillarono di desiderio ed impazienza.

- Allora? Che fai lì impalato sulla porta? Entra!

I modo gentili e scherzosi di quell’uomo dal viso ricamato da sottili rughe riuscivano sempre a metterlo a suo agio. Entrò nell’anticamera, con gli occhi ancora adattati alla luce esterna. Gli ci vollero alcuni minuti per abituarsi alla semioscurità della casa. Intanto il signor Ghizelli lo aveva fatto accomodare in salotto.

- Lo so che sei impaziente, - esordì -ma sarebbe il caso di discutere in maniera più accurata di alcuni particolari, non credi?

Andrea annuì, assolutamente intontito dal battito frenetico del cuore e disponibile a concedere qualsiasi cosa, purché potesse infine avere ciò che desiderava. Non capì molto delle parole che uscirono a fiume dalla bocca del signor Ghizelli, sembravano più che altro raccomandazioni, ma non aveva alcuna importanza. La sua mente era già proiettata verso scenari futuri, per ora solo immaginabili, ma che si sarebbero presto concretizzati.

- Allora, mi hai seguito bene? Devo ripetere qualcosa?

- No, no, è tutto chiaro - rispose Andrea con voce tremolante, facendo intendere, col suo sussulto, di non aver ascoltato nulla.

Il signor Ghizelli non si lasciò scoraggiare, aveva ben previsto questa evenienza, e gli mise fra le mani un quaderno. Andrea lo aprì incuriosito e vide che era scritto a mano, con una calligrafia minuta e regolare. Rivolse uno sguardo interrogativo al suo interlocutore.

- Diciamo che si tratta di cose che ti potranno essere utili - gli disse in risposta alla muta domanda.

Si alzò dalla poltrona ed invitò il ragazzo a seguirlo. Scesero in cantina, una stanza grande, umida e stipata di ogni cosa. Si fecero strada in mezzo a scatoloni e pezzi di vecchie biciclette arrugginite e Andrea sorrise, pensando a come il raggiungimento del suo obiettivo lo costringesse a sgombrarsi la strada da ogni cosa, che fossero persone od oggetti.

Arrivarono infine ad uno degli angoli della stanza, sgombro e pulito, dove giaceva uno zaino e, sopra di esso, una tunica nera ripiegata con cura. Andrea era esterrefatto. Sapeva cosa avrebbe trovato, ma ora, vedere quegli oggetti davanti ai propri occhi, lo lasciava senza fiato. Spostò con delicatezza la tunica ed aprì lo zaino con mani tremanti. Dentro c’era tutto, non mancava niente. Accarezzò il pesante libro con le lacrime agli occhi e lo aprì con tutta la reverenza di cui era capace. Non comprendeva il significato di quelle parole, ma sfiorò le pagine, emozionato dalle sottili increspature della pergamena.

Guardò risoluto il signor Ghizelli:

- Lei mi deve insegnare tutto, tutto quanto!


I giorni passarono convulsi. Era ormai la fine dell’estate, quando finalmente cominciarono ad apparire i primi risultati del lungo e faticoso lavoro. Il piccolo lampo di luce non era forse una magia di alto livello, ma era pur sempre un traguardo raggiunto con costanza e dedizione. Il signor Ghizelli era soddisfatto del suo allievo e quel giorno lo osservava mentre prendeva dimestichezza con il potere arcano conservato nella pagine del libro. Era pronto, ora avrebbe dovuto guidarlo per l’ultima volta.

Si avvicinò ad Andrea con la tunica in mano e lo invitò ad indossarla. Andrea accarezzò il morbido velluto, emozionato come quando aveva tenuto in mano il libro la prima volta. Sapeva che quella veste era appartenuta al suo maestro e si sentiva onorato di un tale lascito.

- Prendi lo zaino, mettilo sulle spalle.

Quelle parole risuonarono come un tuono nella mente del ragazzo. Aveva desiderato quel momento per anni, ma ora che era così vicino al suo obiettivo aveva paura. Strinse forte le spalline dello zaino, facendosi forte delle poche conoscenze che aveva acquisito. Non poteva tornare indietro, rinunciare proprio ora.

- Maestro, sono pronto a partire.

Moretram Erareron volse uno sguardo fiero al suo allievo, poi si avvicinò ad un tavolino, su cui era appoggiata una piccola sfera multicolore. Quando la afferrò, essa cominciò ad emanare un lieve bagliore. Il vecchio mago protese la sfera verso Andrea, pronunciando sottovoce parole che il giovane apprendista non poteva comprendere. La luce della sfera divenne sempre più intensa, finché avvolse ogni oggetto, facendo perdere ad Andrea il senso dell’orientamento. Sentì una parola in mezzo a quel mare di luce, una parola pronunciata con affetto: “Addio”.

Dovette chiudere gli occhi per non rimanere accecato, ma li riaprì rapidamente quando sentì una fresca brezza sollevare il bordo della sua tunica. Era sulla sommità di una collina, all’ombra di una grande quercia. Non riconosceva quei luoghi, ma in qualche modo avevano qualcosa di familiare.

- Posso forse aiutarti in qualche modo?

Si girò di scatto verso la voce femminile che aveva udito alle sue spalle. Dovette trattenersi per non urlare dallo stupore. Non fu il bellissimo viso dalla pelle diafana, né tanto meno la veste dei colori del bosco, a fargli venir meno il fiato, ma le sottili e delicate orecchie a punta che si intravedevano tra i lunghi capelli neri.

Il suo sguardo percorse velocemente il paesaggio circostante, per poi tornare a fissare la creatura che aveva di fronte. Un sorriso di enorme soddisfazione si dipinse sul suo volto:

- Sì, in effetti avrei bisogno di alcune informazioni.


"Il sogno originario" - 16 giugno 2006


4 commenti:

Unknown ha detto...

Mentre aspetto che questo blog diventi il più famoso della rete (non avrete mica dei dubbi a riguardo, vero?), mi commento da sola...

Lo faccio perché, mentre rileggevo questo racconto per sistemare refusi ed errori ortografici, mi sono resa conto, con non poco stupore, di quanto in realtà il racconto fosse meno peggio di quello che ricordassi.
Nella presunzione del momento, ero convinta che un elaborato di un anno e mezzo fa non potesse reggere il confronto con i nuovi racconti (che rimangono comunque dei tentativi abbastanza goffi, non voglio assolutamente affermare che siano chissà cosa), invece mi ha fatto decisamente una buona impressione.
Certo, ci sono alcuni periodi un po' troppo elaborati, che avrei voluto tagliare di netto (ma siccome la mia intenzione era di ripercorrere i primi passi, in attesa di vedere i nuovi sviluppi, non avrebbe avuto senso rimaneggiare il testo). Però l'impressione finale rimane positiva. Anzi, mi pare che in alcuni punti sia molto più genuino e scorrevole delle cose scritte ultimamente.
E credo che dovrei cercare di recuperare quella semplicità con cui ho scritto queste righe, pensando meno all'effetto finale e focalizzandomi sempre più sul contenuto.
Per sistemare la forma, c'è sempre tempo.

Anonimo ha detto...

Intanto mi ha fatto piacere rileggerlo, è passato davvero così tanto?

Anonimo ha detto...

Ciao Samirah
ti ho linkato
i tuoi racconti sono fighissimi e bellissimi!
Appena li leggerò ne avrò la conferma! :)
In ogni caso ciao!
:)

Unknown ha detto...

Ciao gelo! Un piacere vederti qui!
Eheh, speravo che il link attirasse un po' di gente! XD
E i complimenti me li prendo lo stesso, ormai li hai fatti! ^_^