giovedì 29 luglio 2010

Luca Tiraboschi - Faccia di cuore

Avrei voluto recensire questo libro appena letto, ma gli ultimi esami e la tesi mi hanno tenuta occupata la mente in modo incessante, mentre volevo sedermi tranquilla al pc e scrivere con calma. Alla fine il tempo trascorso mi ha permesso di riflettere sull'interpretazione immediatamente successiva alla lettura e sono contenta di poter mettere sul piatto un po' di riflessioni aggiuntive.
Intanto la classificazione canonica mi impone di inserirlo nella categoria "horror", ma di fatto è una storia d'amore.
Soltanto leggendo il romanzo si percepisce come l'orrore sia su un livello del tutto differente da quello che ci si aspetterebbe da una prima presentazione del libro.
L'orrore fisico è sì presente, ma talmente irreale da risultare grottesco e poco tangibile. E' invece l'orrore del contesto a creare un disagio profondo nel lettore, quella sensazione di "tutto sbagliato" a cui si vorrebbe porre rimedio prima che sia troppo tardi. Si avverte la necessità di voler rimettere tutto a posto, un senso di urgenza verso una situazione che prima o poi dovrà precipitare per forza nel caos. E' l'impotenza di fronte a una storia che si svolge davanti ai nostri occhi in una direzione che odora sempre più di disastro.
E il finale non ha nulla di liberatorio. Rimane l'amaro in bocca, la tristezza per qualcosa che non è andato per il verso giusto fin dall'inizio e che non ha avuto vere occasioni di cambiare il suo corso.
Rimangono solo le riflessioni, tante e contrastanti.
Ci sono due genitori e un figlio. Il motore di tutto è, nonostante gli evidenti abomini emotivi, l'amore. Chissà quante volte abbiamo avuto davanti agli occhi esempi di genitori che in nome dell'amore per i propri figli hanno agito in assoluta controtendenza a qualunque logica e a qualunque regola del buon senso. Chissà quante volte ci siamo trovati a deplorarli, a pensare a quelle povere creature destinate a scontrarsi con la dura realtà una volta che l'ala protettiva dei loro guardiani verrà, per forza di cose, a mancare.
Inevitabilmente ci si guarda allo specchio e ci si fa un esame di coscienza. Quanto è giusto fregarsene delle convenzioni per seguire le proprie idee e la propria morale? Quanto stiamo danneggiando i nostri figli costringendoli a uno stile di vita per noi giusto ma lontano da quello "normale"?
Ma soprattutto, se un bambino è felice, non potremmo osservarlo con occhio scevro da ogni stereotipo? Non potremmo godere del suo sorriso senza scandalizzarci di come questo obiettivo sia stato raggiunto?
Io una risposta non l'ho ancora trovata. E già solo per questo ritengo che "Faccia di cuore" meriti molto di più di un'etichetta di "romanzo horror".
Concludo con un commento sullo stile. L'autore tende a ribadire concetti espressi più volte lungo la narrazione, a volte con ripetizioni talmente evidenti e frasi così banali da risultare fastidioso. Da profana, posso immaginare si tratti di una scelta intenzionale, dando al romanzo quell'atmosfera da fiaba che rafforza ancor di più quel senso naturale di distacco che un adulto ha di fronte a una situazione del tutto surreale, ma dall'altro accentua il disagio di trovarsi di fronte a una delle tante fiabe moderne a cui la cronaca ci ha, purtroppo, abituati.

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