sabato 27 febbraio 2010

Christian Antonini - Legame doppio

Per maggiori dettagli sul libro, questa è la pagina sul sito Asengard.it.

Ritengo doverose due premesse a questa recensione:
  • considero "Legame doppio" un romanzo scritto mediocremente
  • erano anni che non piangevo tanto leggendo un libro.
Questi due punti sono una sorta di parafrasi del mio giudizio finale: una bella storia scritta poco bene.
Non voglio però analizzare questi due aspetti separatamente, perché ritengo che siano strettamente correlati.

Prima di tutto la storia non è una sola ma, come suggerisce il titolo, ben due. Si tratta di due vicende che presentano punti di contatto e che si sviluppano in due periodi storici differenti.
Al di là dei legami narrativi però, si percepiscono due modi di raccontare che sembrano partoriti da due autori differenti.
La parte moderna è lenta, didascalica, spesso noiosa. Il lettore stenta a sentirsi coinvolto, tanto da attendere con ansia uno sviluppo tragico della vicenda per potersi addentrare nella storia vera e propria.
Le vicende del passato invece hanno tutto un altro sapore. Le descrizioni sono sì dettagliate ma funzionali alla comprensione del contesto, i personaggi sono più mobili, attivi ed emozionanti.
Ma questa percezione non è dovuta a uno stile differente tra le diverse parti, quanto più al fatto che ritengo del tutto superfluo descrivere con minuzie di particolari oggetti e attività del giorno d'oggi.
Se mi è utile (e gradito) venire a conoscenza di come vivevano negli anni '40 perché non ho memoria di quegli anni, dall'altra non mi serve sapere come si accende un PC e come viene visualizzata la finestra di una chat. Se non ho mai visto un monitor acceso e un PC funzionante, di sicuro non saranno delle descrizioni di questo tipo a darmi una mano a comprendere. Mia madre non ha mai imparato a usare il videoregistratore: credo sarebbe più felice di leggere una frase del tipo "inserì la videocassetta e fece partire il film" invece che sorbirsi un elenco di azioni tecniche che di fatto per lei non hanno alcun significato e che non aggiungono nulla alla narrazione.

Allo stesso modo, il romanzo è ricco di frasi ridondanti, che non fanno altro che rimarcare ciò che è stato espresso appena una riga prima. A volte ci si trova di fronte a ben tre frasi diverse finalizzate a esprimere lo stesso concetto.

Anche i dialoghi sono affetti da questa sovrabbondanza di parole. La considero però una pecca minore, perché l'effetto di un dialogo realistico (al di là di quello che possono dire tanti puristi della scrittura) ha comunque il suo perché. Questo non toglie che una sfoltita non avrebbe fatto male all'insieme.

Ecco un esempio per chiarire il concetto.

Pag. 69: "[...]Suono il citofono. Con un'occhiata nell'angolo in basso a destra del monitor, la ragazza colse l'ora: era in ritardo. Non avrebbe fatto in tempo a fare null'altro se non prepararsi. Corse con passo leggero fino alla porta di casa e sollevò la cornetta.
- Sì?
- Sono Bea, mi apri?
- Sì, vieni.
Premette il pulsante e si morse il labbro. Era realmente in ritardo. Ricapitolò rapidamente le cose che si era proposta di fare prima di uscire. Quindi scelse solo quelle davvero importanti. Per prima cosa, non sapendo fino a che ora sarebbe rimasta fuori, era opportuno sfamare il suo coinquilino. [...]"

Seguono altre 3 righe abbondanti esclusivamente dedicate al riempimento della ciotola del gatto.
Insomma, servono davvero tutte queste parole per descrivere una situazione in cui ognuno di noi si è trovato almeno una volta in vita sua? Chi non è mai stato così in ritardo da dover ancora fare tutto prima di uscire di casa? Il dialogo serve veramente?

Eppure, nonostante questo, il romanzo ha un suo ritmo, anche se non costante e a volte veramente mortificato dallo stile.
Per tornare alle premesse iniziali, ho affermato di aver pianto e anche parecchio. Perché la storia è realmente buona, l'idea di fondo originale sviluppata bene e con coerenza. Si intravede il disegno ordinato di chi ha pensato alla struttura generale prima di cominciare a scrivere, non ci sono elementi fuori posto. E tutto questo contribuisce all'immersione del lettore e il suo coinvolgimento emotivo.

C'è da dire una cosa a discolpa di Christian. Sono più o meno le stesse critiche che mi sono trovata a fare al grande maestro Lovecraft. Certo, erano altri tempi e nel frattempo la narrativa ha avuto la sua evoluzione. Ma quando uno scrittore ha una buona storia da raccontare, il resto richiede solo un aggiustamento. Uno stile imperfetto è un difetto migliorabile, la mancanza di fantasia no.

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